Sovescio sì, sovescio no?
Il sovescio è una tecnica agronomica molto diffusa tra gli agricoltori italiani e prevede la semina di essenze di vario genere. Il mix può essere fatto sia in purezza (ovvero tutte dello stesso tipo) o consociate (ovvero un miscuglio di erbe diverse), nell’interfila del vigneto. E’ una tecnica molto interessante perché non comporta l’utilizzo di attrezzature sofisticate e soprattutto evita l’utilizzo di trattamenti chimici.
L’obiettivo primario del sovescio è quello di arricchire il terreno di sostanze organiche utili all’accrescimento della vite, ma può essere usato anche per controllarne la vigoria.
Si tratta di una tecnica di fertilizzazione che si è resa indispensabile in agricoltura e viticoltura biologica negli ultimi tempi. Questo perché è in grado di produrre enormi quantità di azoto a costi contenuti oltre che senza alcun impatto ambientale.
Il sovescio infatti non comprende l’utilizzo di fertilizzanti chimici e in più consente di proteggere il suolo dall’attività erosiva della pioggia e del vento, oltre che a renderlo più stabile strutturalmente.
Qual è il periodo migliore per la semina?
Il periodo ideale per la semina del sovescio è senza dubbio l’autunno, dopo il periodo della vendemmia. I periodi sono variabili tra ottobre e novembre a seconda della zona geografica.
Anche in primavera è possibile farlo, ma bisogna seminare in maniera molto più fitta e omogenea possibile per tenere testa alle erbe infestanti.
Che tipologia di semi utilizzare nel vigneto?
Ovviamente la prima cosa da fare sarà scegliere la tipologia di erbe da interrare. Tendenzialmente viene preferito utilizzare un mix di erbe per ottenere un apporto di nutrienti variegato, a seconda delle loro specifiche composizioni. E’ possibile trovare ottime miscele di semi presso i consorzi agrari. In questi casi le miscele sono già proporzionalmente equilibrate e raccolgono le specie più utilizzate delle tre famiglie:
– Leguminose (favino, trifoglio incarnato, lupino, fagiolo, lenticchia, pisello da foraggio, fava…)
– Graminacee (avena, orzo, segale, sorgo)
– Crucifere (corza, senape, ravizzone)
Nella scelta poi spesso si propende per quelle essenze la cui crescita e diffusione sono più rapide. La biomassa, così, si sviluppa in misura maggiore nel periodo che va dalla semina al suo interramento.
Dalla preparazione all’azione…
Prima di seminare, è opportuno preparare il terreno con una fresatura. Questa lavorazione consente, infatti, di “ammorbidirlo” e di rendere le radici delle nuove erbe in grado di diffondersi più facilmente poiché troveranno meno resistenza. In questo caso, più in profondità agisce l’azione della fresatura, più efficace sarà il sovescio.
Dopo aver preparato il terreno, è possibile seminare il miscuglio selezionato in precedenza. Se il vigneto è di modeste dimensioni, può essere fatto manualmente distribuendo a spaglio. In questa fase è importante coprire omogeneamente il terreno. Dopo aver cosparso i semi alla rinfusa, per favorirne il germogliamento e l’attecchimento, basterà rastrellare per bene il terreno così da coprire le sementi con un leggero strato di terra. Dopodiché sole e pioggia faranno il resto del lavoro.
Quando invece interrare?
Per incorporare la maggior quantità di nutrienti delle essenze, il momento migliore si ha quando le piante sono in pre-fioritura, quando si vedono spuntare i primi fiori chiusi. Questo perché la pianta ha infatti raggiunto il suo massimo sviluppo e da quel momento in poi inizia ad aumentare la percentuale di fibra nei tessuti e con questo il tempo di cessione al terreno dei nutrienti.
La vite, però, essendo una coltura arborea (e non ortiva), ha bisogno di un rilascio di nutrienti che sia dilazionato nel tempo, perciò ben venga un interramento a fioritura inoltrata (soprattutto se associato ad una selezione di erbe miste) che facilita quindi il rilascio graduale nel tempo dei nutrienti.
Prima dell’intervento vero e proprio, è estremamente importante trinciare (sminuzzare) la biomassa. Questo perché è necessario ridurre il volume di essenze da dover interrare e ammorbidire gli steli, che sennò sarebbero più duri e quindi più difficili da smaltire.
Dopo l’essiccazione della biomassa, arriviamo finalmente all’interramento. è importante intervenire in superficie (massimo a 20 cm di profondità), poiché azioni in profondità potrebbero rendere difficile l’assorbimento dei nutrienti da parte delle giovani radici e perché le fermentazioni della biomassa potrebbero colpire le radici della vite e agire negativamente sul loro sviluppo. Questo perché, quando si raggiungono profondità elevate, la decomposizione che porta alla formazione di humus (prezioso per il terreno), viene rallentata per la mancanza di ossigeno.
Il sovescio risulta essere ad oggi una delle pratiche più efficaci per la fertilizzazione del suolo, perché consente non solo di intervenire nel terreno, migliorando la sua struttura e porosità, ma anche di salvaguardare l’ambiente circostante senza scombinare i suoi equilibri con trattamenti chimici.
